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31 ottobre 2011

Misoginia.

Ma che hanno fatto le donne ai "creativi" della pubblicità?
O meglio: perchè i creativi della pubblicità ce l'hanno così tanto e in modo così viscerale con il genere femminile?
Deve per forza trattarsi di maschi, mi rifiuto di pensare che tali creativi possano essere donne perchè nessuna donna rappresenterebbe mai sè stessa nei modi dei quali mi accingo a scrivere.

L'immagine della donna che esce dalle pubblicità è tremenda... e ciò rende - se possibile - ancor più incomprensibile l'accondiscendenza femminile verso la pubblicità, perchè è proprio alle donne che si rivolgono le peggiori pubblicità che vedo in televisione.

All'inizio fu Tino Scotti. 
Chi ha più di 40 anni ricorderà la sua famosissima pubblicità per il Confetto Falqui in un'epoca in cui, sia nella vita quotidiana che soprattutto in televisione, anche solo nominare qualcosa che avesse a che fare con funzioni fisiologiche era proibito, era tabù. 
Prima del 1970, ma anche poco dopo, nessuna persona per bene ed educata avrebbe potuto entrare in una farmacia e chiedere un purgante senza arrossire e senza sentirsi terribilmente a disagio, quindi buona parte del successo commerciale del Confetto Falqui è da ascrivere all'azzeccatissimo slogan che lo pubblicizzava: "Falqui, basta la parola!" e così non era necessario dover spiegare al farmacista di che disturbo si soffrisse e di cosa si avesse bisogno.

Che io ricordi, Tino Scotti è stato il primo e unico uomo stitico della pubblicità; al massimo con lui c'erano i bambini buoni, ai quali in quanto tali si propinava un altro purgante... e Dio solo sa cosa mai passasse in capo a quelle madri che per premiare i bambini che si comportavano bene li purgavano, in ciò sobillate da quello slogan tanto surreale quanto sadico: "Ai bambini buoni, la dolce Euchessina".
Quando ero bambino io (e grazie al cielo ero un po' discolo, il chè unito al fatto che mia madre era poco ricettiva alle pubblicità idiote e aveva il buon senso di non darmi farmaci dei quali non avevo bisogno, mi ha salvato da inutili purghe...) circolava una specie di battuta:
- "Ai bambini buoni, la dolce Euchessina"
- "E a quelli cattivi?"
- "Che spingano!"
Dopo Tino Scotti, il monopolio della costipazione intestinale perenne e continua è sempre stato appannaggio del genere femminile e se ci si fosse limitati a quello per le donne la situazione sarebbe anche stata accettabile.
Invece col passare degli anni la misoginia dei creativi della pubblicità ha raggiunto vette impensabili e temo che in futuro andrà anche peggio, se non si farà qualcosa.

Se si fa caso alle pubblicità di oggi e si ricordano quelle degli ultimi 30 anni circa, ci si accorgerà che le cose più innominabili, le situazioni più disgustose e le rappresentazioni più stupide vedono sempre e solo le donne come protagoniste, il chè equivale a dire che siccome la pubblicità punta all'identificazione del possibile acquirente con il testimonial, le destinatarie dei prodotti in oggetto dovrebbero in teoria identificarsi con le attrici che li promuovono e, in ultima analisi, essere come loro: svampite, sciocchine e portatrici "poco sane" dei più innominabili disturbi e/o problemi (non solo fisici ma, si direbbe, anche intellettivi).
Giusto per citare alcune pubblicità, oltre che essere le uniche sempre costipate, sono solo donne ad avere perdite di urina che le fanno vergognare per il cattivo odore se si trovano in ascensore con un uomo, sono solo donne ad avere protesi dentali instabili, solo le donne hanno pruriti intimi e non ne fanno mistero parlandone immediatamente con madri, amiche e colleghe, al punto che queste pur di zittirle mettono loro in mano lo spray giusto mentre una scritta in sovrimpressione avverte che il prodotto è per uso topico ed esterno, dal momento che lo spray in questione ha quasi lo stesso nome di un colluttorio e non si sa mai che qualcuna assuma per bocca l'antiprurito vulvare.

Un tempo le donne avevano bisogno dell'assorbente per pochi giorni al mese. Adesso invece ne hanno bisogno tutti i giorni: l'assorbente nei giorni canonici e il salvaslip per le piccole perdite durante il resto del mese. Tempo fa ce n'era uno ideale per le ragazze che dovevano fare un provino cinematografico e avevano necessità di fare la ruota indossando, chissà perchè, un paio di pantaloni candidi proprio durante il ciclo. 
Da un paio di giorni passa una pubblicità in cui una professionista grida tutta eccitata alla sua collega d'ufficio "Vado a cambiarmi lo slip!" come se fosse una cosa di cui andar sommamente fiera e dunque da sbandierare ai quattro venti, poi magnifica le virtù dell'ultimo assorbente da cambiare anche più volte al giorno, come se al posto di un normale ed efficente apparato urinario le donne avessero delle inarrestabili cateratte da contenere - sembra inutilmente a giudicare dalla pletora di salvaslip in vendita - con ogni mezzo.
Sono sempre donne ad aver bisogno di bere come cammelli bicchierate su bicchierate di acque oligominerali per stimolare la diuresi, fare tanta "plin plin", depurarsi e buttar fuori chissà quali tossine e scorie immonde; per la verità c'è anche un uomo che pubblicizza un'acqua minerale, ma da quanto si evince dalla pubblicità gli uomini non hanno scorie e tossine di cui liberarsi: a Del Piero - dunque per estensione agli uomini - l'acqua oligominerale è necessaria solo per poter digerire bene...

Che dire poi di quella pubblicità nella quale si vedevano alcune ragazze intente a brucare voluttuosamente l'erba di un prato solo perchè il cameriere sbadato ci aveva rovesciato sopra un aceto balsamico, peraltro industriale?
E di quella in cui la signora verniciava con movenze seducenti una ringhiera insieme alla cameriera Giovanna, a sua volta vestita come le servette dei film pecorecci degli anni '70, sotto lo sguardo soddisfatto del marito che commentava con voce sorniona "Brava Giovanna, brava..."?
E di quella signora arcigna che telefona annunciando il suo imminente arrivo e gettando nel panico il marito separato e le due giovani figlie, i quali si precipitano a pulire il bagno col disincrostante perchè la prima cosa che la signora farà arrivando in quella casa sarà correre immediatamente a passare il dito nel lavabo per assicurarsi che sia pulito a dovere?
Non parlerò per carità di patria delle condizioni in cui permettono che si riducano le loro case quelle donne che appaiono nelle pubblicità dei detersivi per pavimenti: nemmeno in una fonderia del diciannovesimo secolo alimentata a carbone il pavimento era nero e sporco come in quegli appartamenti; certi prodotti non li compro proprio perchè mi urta pensare che chi li produce mi consideri un sozzone di quella fatta.

C'è poi lo strano rapporto fra le donne e il cibo. 
Per pubblicizzare uno yoghurt lo slogan le invita a farci l'amore. In compenso se devono preparare qualcosa da mangiare per i figli di sicuro sarà qualcosa di fritto (Giravolte, Croccarelle, Sofficini, bastoncini di pesce o di pollo e simili), un formaggio da cucinare alla piastra o delle fettine che una bambina dal marcato accento brianzolo metterebbe perfino sul gelato, o passano direttamente a tortine e dolciumi. Pare che in Italia un bambino su quattro sia obeso e un altro su quattro sia sovrappeso; se la metà dei bambini italiani ha problemi metabolici sappiamo il perchè.
Un tempo c'era il dado da brodo: era piccolo, leggero, economico e funzionale. Adesso il dado non va più bene: il brodo di dado lo deve fare direttamente il produttore, deve metterlo in un brick da mezzo litro e raccontare che è buono come il brodo di manzo e cappone fatto in casa, così oltre al dado riuscirà a vendere alla massaia con poco tempo per cucinare - ma in compenso molto suggestionabile e poco attenta all'ecologia oltre che al borsellino - anche mezzo litro d'acqua, almeno 50 volte tanto di imballaggio e farsi pagare il tutto molto di più di un astuccio da 10 o 20 dadi.

Potrei continuare a lungo con gli esempi, ma mi fermo qui. Ciò che voglio sottolineare è lo scarso rispetto che i pubblicitari dimostrano per le donne e la pessima immagine che ne danno.
Mi dissocio da tutto questo: mi offende come uomo che contrariamente ai pubblicitari rispetta le donne, ne riconosce i meriti senza percepirli come una minaccia a un inesistente primato maschile e ha di loro un'opinione assai più alta.

Il solo modo per far cessare queste vergognose pubblicità è depotenziarle, renderle inutili: se la pubblicità è stupida, se squalifica il ruolo e la figura delle donne, se le tratta come delle minus habentes, basta non comprare i prodotti così reclamizzati.
Il solo modo per far cambiare registro alle aziende che commissionano siparietti così degradanti per le donne è colpirle nel fatturato: se perdono terreno rispetto alla concorrenza qualche domanda se la faranno immediatamente e agiranno di conseguenza.

Che la facciano da sole o insieme a un uomo, la spesa è un'incombenza che per mille ragioni ancora tocca prevalentemente alle donne, quindi sono proprio loro ad avere il potere di cambiare le cose.
Anzichè prestare attenzione a cose che pure sono importanti, come i cosmetici non testati su animali o i prodotti etici, ma che sono senz'altro secondarie alla mancanza di rispetto e all'insulto della loro dignità che è evidente in tante, troppe campagne pubblicitarie, sarebbe più opportuno che l'altra metà del cielo smettesse di comprare i prodotti reclamizzati in maniera degradante per le donne.

Signore, quando fate la spesa voi potete decidere di premiare chi vi rispetta e mandare in rovina chi vi considera delle poverette: il potere è nelle vostre mani, adesso tocca a voi esercitarlo. 
Io, nel mio piccolo, in questo vi sto già aiutando.

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